Franco Selleri
Ordinario di Fisica Teorica, Università di Bari
Considerando i fondamenti della fisica moderna è indubbio che negli ultimi vent’anni c’è stato un forte aumento del numero dei ricercatori impegnati in linee di pensiero che in un modo o nell’altro si oppongono ai dogmi fondamentali della nostra sicenza. Questi “dogmi” sono punti di vista accettati dalla maggioranza dei ricercatori e fra di essi vanno annoverati:
1. La postulata impossibilità di dare una descrizione causale nello spazio e nel tempo dei fenomeni atomici (complementarità di Bohr e interpretazione delle diseguaglianze di Heisemberg come “relazioni di indeterminazione”), nonostante una crescente evidenza del contrario1;
2. Il perdurante rifiuto dell’etere come supporto delle ondulazioni elettromagnetiche, nonostante Poincarè e Lorentz che furono sempre favorevoli alla sua esistenza2 e Einsteing che modificò l’atteggiamento inizialmente negativo difendendo una certa idea di etere compatibile con la teoria della relatività del 1916 al 19553;
3. La cosmologia del big bang, accoppiata a descrizioni fuorvianti di alcune questioni fondamentali (per esempio la storia della radiazione di fondo di 2.7 °K è molto diversa da quello che si dice di solito4, nonostante l’esistenza di impressionanti evidenze di spostamenti verso il rosso “anomali” e di altri fenomeni che oggi indicano un tipo diverso di evoluzione cosmica5.
Anche se oggi la situazione sta forse lentamente migliorando, purtroppo non possiamo dire di essere già usciti dall’atmosfera antirazionalistica che portò all’accettazione acritica dei dogmi. Per spiegare la situazione si deve certamente considerare la natura dell’educazione scientifica nelle università dell’intero pianeta. I libri di testo cercano di essere persuasivi, anzichè critici, e i docenti seguono la stessa linea semplicistica. Nessuno spazio è lasciato ai dibattiti che accompagnarono la nascita di ogni nuova teoria (si pensi al confronto fra Newton e Leibniz e a quello fra Einstein e Bohr). La fisica è invece presentata come un insieme di lunghe catene di sviluppi rigorosi e di trionfi sperimentali. E’ precisamente la descrizione a due dimensioni (numeri di origine empirica più formule matematiche) tanto criticava da Holton6, che per una corretta comprensione della scienza considerava essenziale l’introduzione di una terza “dimensione” che descrivesse le influenze “esterne”: la società, la filosofia, la psicologia, …
Circa l’insegnamento della fisica Thomas Kuhn scrisse: “Naturalmente è un’educazione stretta e rigida, probabilmente più di ogni altra eccettuata forse la teologia ortodossa. Ma per il lavoro scientifico normale, per risolvere rompicapo all’interno della tradizione definita dai manuali, lo scienziato viene preparato quasi alla perfezione”7, e aggiunse: “Inevitabilmente queste osservazioni suggeriranno che colui che appartiene a una comunità scientifica matura è, come il tipico personaggio del romanzo Orwell 1984, la vittima di una storia riscritta da coloro che detengono il potere. Un tale suggerimento non è del tutto inappropriato. Vi sono sia perdite che guadagni nelle rivoluzioni scientifiche, e gli scienziati tendono ad essere particolarmente ciechi alle prime”.8
A una debole preparazione di base fa da naturale riscontro la violenza verbale con cui i dogmi vengono difesi e la sottovalutazione sistematica con cui vengono accolte le posizioni critiche. Il deteriorarsi degli standard della discussione scientifica non è un fenomeno nuovo e fu discusso da Karl Popper in uno dei suoi libri: “E’ nata una situazione molto seria. L’atmosfera antirazionalistica generale, che è diventata una minaccia importante del nostro tempo e che è doveroso combattere da parte di ogni pensatore cui importino le tradizioni della nostra civiltà, ha portato ad un deterioramento molto grave degli standard della discussione scientifica. E’ tutto connesso con le difficoltà della teoria – o piuttosto, non tanto con le difficoltà della teoria stessa quanto con le difficoltà delle nuove tecniche che minacciano di ingolfare la teoria. Cominciò con i brillanti giovani fisici che si gloriavano del loro controllo degli strumenti teorici e che disprezzavano noi dilettanti che dovevamo faticare per comprendere ciò che essi facevano e dicevano. Diventò una minaccia quando questo atteggiamento si indurì in una specie di standard professionale.”9
A mio parere il primo motivo del formarsi di questa atmosfera sfavorevole al progresso è stato il diffondersi delle concezioni positivistiche fra i fisici a partire dall’inizio del `900. L’epistemologo moderno che ha meglio compreso il ruolo negativo dell’empirismo (“positivismo”) nella cultura scientifica è proprio lo stesso Popper che l’ha così descritto: “Secondo il positivismo, `il nostro mondo è solo superficie – non ha profondità’. Esso non consiste, infatti, di nient’altro che delle nostre percezioni e delle loro riflessioni nella nostra memoria. E’ un mondo nel quale non c’è nulla da trovare, visto che nulla è nascosto. E’ un mondo sul quale non c’è nulla da scoprire, nulla da imparare. E’ un mondo senza enigmi.”10 La sconsolata conclusione di Popper fu che “nella loro ansia di annichilire la metafisica i positivisti distruggono assieme ad essa le scienze della natura.”11
La “fenomenologia” della diffusione nella fisica delle concezioni soggettivistiche del positivismo è stata così descritta: “L’impatto filosofico del positivismo di Mach fu in gran parte trasmesso dal giovane Einstein. Ma Einstein si allontanò dal positivismo machiano, in parte perchè si accorse con emozione di una parte delle sue conseguenze che la generazione successiva di fisici brillanti, fra cui Bohr, Pauli e Heisenberg, non solo scorpì, ma abbracciò con entusiasmo: essi diventarono soggettivisti. Ma la ritirata di Einstein ebbe luogo troppo tardi. La fisica era diventata un bastione della filosofia soggettivistica, e lo è rimasta da allora.”12
E’ un fatto storico di grande interesse che Popper potesse testimoniare del radicale mutamento di opinione di Einstein circa l’influenza della filosofia di Mach sulle sue opere giovanili, notando che lo stesso Einstein più tardi rigettò questa filosofia: nel 1950 gli disse di non aver mai rimpianto un errore da lui fatto tanto quanto questo errore13. D’altra parte la conferma di questo rifiuto venne dallo stesso Einstein quando scrisse: “Oggi riconosco la grandezza di Mach nel suo scetticismo incorruttibile e nella sua indipendenza; ma negli anni della mia giovinezza rimasi influenzato molto profondamente anche dalla sua impostazione epistemologica, che oggi mi sembra sostanzialmente insostenibile. Infatti egli non mise nella giusta luce la natura essenzialmente costruttiva e speculativa del pensiero, e più in particolare del pensiero scientifico; condannò quindi la teoria proprio in quei punti in cui il suo carattere costruttivo-speculativo appare manifesto, come ad esempio nella teoria cinetica dell’atomo”14. Einstein aggiunse: “Il sistema di Mach studia le relazion esistenti fra i dati dell’esperienza; per Mach la scienza è la totalità di queste relazioni. Quel punto di vista è sbagliato e in realtà quello che Mach ha fatto è di costruire un catalogo, non un sistema. Nella misura in cui Mach fu un bravo meccanico egli fu un filosofo deplorevole”15. In una lettera all’amico Maurice Solovine, Einstein scrisse: “In questi giorni il punto di vista soggettivo e positivistico domina in un modo assolutamente eccessivo. Il bisogno di concepire la natura come una realtà oggettiva viene dichiarato essere un pregiudizio obsoleto, e così si fa una virtù della necessità della teoria quantistica. Gli uomini sono soggetti a lasciarsi suggestionare come i cavalli, e ogni epoca è domionata dalla moda, e in maggioranza nemmeno vedono il tiranno che li domina.”16
Importanti strutture culturali, come le Accademie, sembrano esistere principalmente per controllare che idee pericolose per i dogmi stabiliti non abbiano diffusione negli ambienti scientifici e che vengano invece ignorate, emarginate e di fatto distrutte. Questa situazione non è nuova se Galileo ebbe già a soffrirne, ma non ha subito modifiche nei tempi moderni. Nel 1942 A. Lumiére ha potuto scrivere: “L’Accademia delle Scienze è stata fondata nel 1666 da Colbert … La si può considerare come un vero e proprio tribunale scientifico al quale tutte le persone che lavorano nella scienza possono domandare un giudizio sui loro lavori. Ci basterà ricordare qualcuno dei gravi errori commessi da questa illustre compagnia, per mostrare che Colbert ha completamente mancato il suo scopo, quando ha voluto fare dell’Accademia un istituto destinato a incoraggiare la Scienza. Al contrario l’Accademia si è mostrata ostile a quasi tutti i rinnovatori, le cui scoperte non sono state conformi ai dogmi classici; ha respinto precisamente quelle che potevano fare avanzare la scienza, e così facendo molto spesso ha ostacolato il progresso. La sua ostilità si è manifestata in particolare contro l’idea dell’animalità dei coralli, contro l’antichità geologica dell’uomo, contro l’esistenza degli aeroliti, contro l’origine vulcanica dell’Auvergne, contro la possibilità di vita negli abissi oceanici, contro la telegrafia transatlantica, contro il trasporto elettrico della forza, contro il telefono, il fonografo, i generatori a corrente alternata, la teoria elettrodinamica di Ampére, contro Darwin, Lamarck, Pasteur, Boucher de Perthes, Geoffroy Sait-Hilaire, ecc, … ecc. …
Ci si può chiedere perchè una compagnia composta, in realtà di scienziati molto eminenti, abbia potuto sbarrare il cammino a tanti uomini di genio e ritardare così quello sviluppo scientifico che avrebbe dovuto avere come funzione principale di facilitare e stimolare. Credo che questa spiacevole carenza provenga, in primo luogo, dalla sua organizzazione costituzionale che la rende incompetente in tutti isettori … Quando un autore presenta all’Accademia un lavoro su una questione di botanica, per esempio, gli astronimi, i medici e i chirurgi, e i membri delle sezioni diverse da quella botanica sono quasi completamente incompetenti ….
Per esprimere un giudizio vi sono in linea di principio solo alcuni membri che sarebbero qualificati … Accade che in ciascuna delle sezioni, vi sia spesso uno dei membri che trascina gli altri; su ogni tipo di problema c’è in qualche modo un oracolo sul quale tutta la compagnia regola il passo. Il rinnovatore che non ha l’oracolo dalla sua parte è perduto, perchè se lo ritroverà contro nell’immensa maggioranza dei casi se le sue conclusioni non saranno conformi alle nozioni classiche o a quelle professate dall’oracolo.”17
Il 4 Aprile 1955, Albert Einstein scrisse ( in tedesco) l’ultimo articolo della sua vita. E’ una prefazione di tre pagine al libro italiano CINQUANT’ANNI DI RELATIVITA’ che riflette ancora una volta la ricca e generosa personalità dello scienziato tedesco, capace non solo di grandi slanci creativi, ma anche, quando lo riteneva necessario, di profonde autocritiche. L’articolo si conclude con queste parole: “Le ultime rapide osservazioni debbono solo dimostrare quanto lontani siamo ancora dal possedere una base concettuale della fisica della quale in qualche modo fidarsi.”18
A lungo andare le idee di base della fisica del secolo XX° saranno con ogni probabilità radicalmente modificate. Per quanto riguarda i fondamenti della meccanica quantistica questo era anche il parere di Dirac. Dopo una vita spesa a sviluppare il paradigma di Copenhagen egli giunse alla conclusione che: “Ci sono grandi difficoltà …. in connessione con la presente meccanica quantistica. E’ il meglio che si sia riusciti a fare finora. Ma non si deve supporre che sopravviverà indefinitamente nel futuro. E credo che sia molto probabile che un giorno si possa ottenere una meccanica migliorata in cui vi sia un ritorno al determinismo e che perciò giustifichi il punto di vista di Einstein”.19
NOTE BIBLIOGRAFICHE
1) L. dela Peña and A.M. Cetto, THE QUANTUM DICE. AN INTRODUCTION TO STOCHASTIC ELECRODYNAMICS, Kluwer, Dordrecht, (1996).
M. Ferrero and E. Santos, Found. Phys. 27, 765 (1997).
A. Afriat and F. Selleri: THE PARADOX OF EINSTEIN, POLDOLSY, AND ROSEN IN ATOMIC, NUCLEAR AND PARTICLE PHYSICS, Plenum, London/New YorK )1998).
2) H. Poincarè, Jour. Phys. Théer. Appl., 2, 347 (1912).
H.A. Lorentz, THE THEORY OF ELECTRONS AND ITS APPLICATIONS TO THE PHENOMENA OF LIGHT AND RADIANT HEAT, Dover, New York (1952).
3) L. Kostro, “An Outline of the History of Einstein’s Relativistic Ether Concept” in: STUDIES IN THE HISTORY OF GENERAL RELATIVITY, J. Eisenstaedt & A.J. Kox, eds., vol. 3, pp. 260-280 (1992).
4) A.K.T. Assis and M.C.D. Neves, “History of the 2.7 K Temperature Prior to Penzias nd Wilson”, Apeiron, 2, 79 (1995).
5) H. ARp, QUASARS, REDSHIFTS AND CONTROVERSIES, Interstellar Media, Berkeley (1987).
E.J. Lerner, THE BIG-BANG NEVER HAPPENED, Vintage, New York (1992).
6) G. Holton, THEMATIC ORIGINS OF SCIENTIFIC THOUGHT: FROM KEPLER TO EINSTEIN, Harvard Univ. Press, Cambridge (1973).
7) Thomas S. Kuhn, THE STRUCTURE OF SCIENTIFIC REVOLUTIONS, 2nd Ed., International Encyclopaedia of Unified Science, The University of Chicago Press, Chicago (1970), p. 199.
8) Ibidem, p. 201.
9) K. R. Popper, QUANTUM THEORY AND THE SCHISM IN PHYSICS, Hutchinson, London (1982), p. 156.
10) K. R. Popper, Poscritto alla logica della scoperta scientifica. 1. Il realismo e lo scopo della scienza. Il Saggiatore, Milano (1984), p. 127.
11) K.R. Popper, THE LOGIC OF SCIENTIFIC DISCOVERY, Hutschinson, London (1980), p. 36.
12) K. Popper, UNENDED QUEST. AN INTELLECTUAL AUTOBIOGRAPHY, Fontana Collins, Glasgow (1978), p. 152.
13) Ibidem, p. 97.
14) A. Einstein, Autobiografia scientifica, Boringhieri, Torino, 1979, p. 18.
15) A. Einstein, Nature, 112, 253 (1913)
16) A. Einstein, Lettres à Maurice Solovine, Gauthiers-Villars, Paris (1956), pp. 70-71.
17) Auguste Lumiére, LES FOSSOYEURS DU PROGRéS, 1942, pp. 34-37. Citato da: Maurice Allais, L’ANISOTROPIE DE L’ESPACE, Clément Juglar, Paris (1997), p. 664.
18) A. Einstein, in: CINQUANT’ANNI DI RELATIVITA’, M. Pantaleo, ed., Editrice Universitaria, Firenze (1955).
19) P.A.M. Dirac, “The Developmente of Quantum Mechanics”, in H. Hora and J.R. Shepansky (eds), DIRECTIONS IN PHYSICS, Wiley, Sydney (1976).
Buona sintesi