La parola rmonÛa è stata accolta nel linguaggio europeo insieme al ricco retaggio culturale e lessicale della Grecia classica: la definizione generalmente accettata del termine è quella di “riconciliazione degli opposti, concerto di elementi discordanti, nell’ambito della musica, dell’Universo, della politica, del corpo umano”. Questo è tuttavia uno dei diversi significati costituitisi nel corso dell’età classica: tale interpretazione del termine rmonÛa è il risultato di un lungo processo di sviluppo storico ed etimologico che prende le mosse dall’età Micenea.
L’esatta etimologia di rmonÛa è stata scoperta alla fine dell’800: essa deriva dalla radice verbale indoeuropea *ar- che è presente nel greco rarÛskv (ararisco) «adatto, unisco» e rmñzv (armozo) «accordo». La connessione etimologica tra rmonÛa e i verbi greci rarÛskv e rmñzv è evidente nel V libro dell’Odissea (v.248), nella descrizione omerica della costruzione di una zattera da parte di Odisseo in cui il termine è impiegato con il significato concreto di strumento per unire e fissare due elementi e precisamente gli elementi della zattera. Nel XX dell’Iliade Omero lo impiega con il significato astratto di accordo, patto, in relazione alle divinità che ristoi m‹rturoi ¦ssontai kaÜ ¤pÛskopoi rmoni‹vn (“saran-no i migliori testimoni e custodi dei patti”). Sembra possibile, inoltre, collegare l’etimologia del termine armonia al greco miceneo: su alcune tavolette in Lineare B, rinvenute a Cnosso e decorate con carri ed equipaggiamenti di carri, appare spesso la parola harmo che indica in miceneo non il carro ma la ruota, come è provato dall’ideogramma *143 che sembra indicare un cerchio con quattro linee incrociate. Dal miceneo harmo «ruota» sarebbe derivato, nel greco classico, il termine harma «carro», una sineddoche che esprime una parte, la ruota, per il tutto, il carro; da harma è poi derivato il verbo denominativo rmñzv «accordo, unisco»: sia il carro che la ruota infatti sono costituiti da più parti messe insieme e lo stesso carro privo delle ruote non esisterebbe.
Sulla scorta degli studi etimologici e delle speculazioni filosofiche di cui il termine è stato oggetto nel corso del tempo, si può ben dire che armonia consista nell’unità dell’oggettivo e del soggettivo, del fattuale e dello psicologico, nel gestimmt sein («essere in accordo») dell’individuo con ciò che lo circonda, un suo simile, la natura, la sua interiorità.
Vi è inoltre in questa parola un costante richiamo alla musica, come mostra chiaramente il suo impiego da parte della tradizione classica: si deve infatti al pensiero armonizzante dei Greci la prima rappresentazione del mondo quale Þd¡a «concetto» e eàdow «forma» di una armonia modellata sulla musica, somigliante alla lira di Apollo, dio della musica. I Pitagorici e lo stesso Pitagora definivano il mondo come ‘quadruplice armonia’: armonia degli archi e della corda, del corpo e dell’anima, dello stato, del cielo stellato. La similitudine musicale armonia-lira nasceva dalla constatazione della regolarità dei movimenti delle stelle in cui veniva ravvisata una particolare armonia musicale: i sette pianeti erano paragonati alle sette corde della lira di Terpandro; i suoni, che si presumeva provenissero dalle sfere rotanti attorno ad un centro, erano assimilati ai sette intervalli dell’eptacordo e le distanze tra le sfere ai toni musicali. L’armonia del mondo era intesa dunque come armonia musicale, paragonabile alla musica prodotta dall’uomo e la lira, attributo di Apollo, costituiva un’imitazione della musica degli astri.
Il pensiero greco, inoltre, individuava nell’armonia la discordia, leggeva in essa una ‘sinfonia’ di elementi contrastanti. Il filosofo Eraclito infatti definiva l’armonia palÛntonow ÷kvsper tñjou kaÜ lærhw «a doppia curvatura ovvero pieghevole da entrambe le parti come l’arco e la lira»: essa riassume dunque la lotta e l’antagonismo. Oltre alla lira, anche l’arco, simbolo della lotta, è attributo di Apollo, il dio dell’armonia e della misura per eccellenza, e non è un caso che il nome più antico dell’arco βιñw, che è strumento di morte, richiami quello della vita βÛow.
Nel fr.32 Diels, Filolao afferma paradossalmente che rmonÛa d¢ p‹ntvw ¤j ¤nantÛvn gÛnetai, ¦sti gŒr ŽrmonÛa polumig¡vn §nviw kaÜ dÛafroneñntvn sumfrñnhsiw «l’armonia si genera dai contrasti, infatti l’armonia è fusione del molteplice e concordia del discorde»: il cosmos, il «pensare assieme» (sumfrñnhsiw synfrònesis) trionfa sul caos e rende concorde ciò che discorda.
Nel mondo greco la musica occupava una posizione centrale ed appariva l’espressione migliore dell’intimità del cosmo e dell’uomo: il creatore per eccellenza per i greci era il poihtήw (poietès), poeta e musicista allo stesso tempo. Democrito riteneva che la felicità dell’uomo consistesse nell’armonia. Damone, matematico e politico pitagorico del V secolo, indicava nella musica il pilastro principale dello Stato e riteneva che questa contribuisse alla formazione dello spirito trasmettendo la nozione della virtù e della stabilità politica (frr. 6, 7, 14 Lassere). Influenzato dall’etica musicale damoniana, nella Repubblica (IV, 424c), nelle Leggi (II, 672e-673a) e nel Politico (303a), Platone mette i relazione la musica con la vita della comunità affermando che la musica è la salvezza (svthρÛa soterìa) della polis; essendo quest’arte il fondamento dell’educazione e la prima disciplina a dover essere impartita alla gioventù associata ad altre discipline quali la ginnastica e l’astronomia, il filosofo indica quali autorità dovranno essere preposte all’educazione musicale: i saggi che, assistiti da poeti e da musicisti, dovranno scegliere i canti e le danze da impartire ai giovani, i maestri di danza, di ginnastica, dei cori e perfino le nutrici, chiamate a fornire al bambino le prime nozioni di canto.
Archita, pitagorico tarantino del IV secolo, individuò l’essenza dell’anima individuale e dell’anima del mondo nei toni musicali e fissò le leggi fisiche su cui si fondava quest’arte; un esempio era il rapporto tra la lunghezza delle corde e l’acutezza dei suoni per cui l’ottava era data dalla proporzione 1:2 o la quinta dalla proporzione 3:2.
Basandosi sugli studi di Archita, Platone nel Timeo mostra come il concetto musicale dell’armonia del mondo, il concetto fisico della regolarità del cosmo, il concetto religioso dell’esistenza di un’anima del mondo siano fusi insieme: poiché l’anima è la causa della vita, la quale si manifesta con movimenti regolari e ordinati tutti tesi ad un fine particolare, l’anima del mondo, creazione antichissima del Demiurgo, costituisce il principio del movimento ordinato dell’Universo ed è garante dell’ordine dei cieli, della perfezione fisica e astronomica dell’universo, della bellezza del creato. Tale bellezza è celata ai mortali ma accessibile al filosofo e al musicologo che possono comprenderne l’armonia: secondo il filosofo, l’individuo deve regolare la propria esistenza su quella nous («mente») che garantisce la perfezione dell’universo ed allontanare l’irregolarità e il disordine per raggiungere l’armonia. Descrivendo l’armonia musicale, Platone afferma (Timeo, 47d): «L’armonia, i cui moti sono affini alle rivoluzioni periodiche (περιñδοι) dell’anima, serve a chi intrattiene un rapporto con le Muse non per diletto; tale armonia gli è stata data dalle Muse come alleata dell’anima al fine dell’ordine (sumfvnÛa)». Nel descrivere l’armonia musicale, Platone paragona i periodi della vita dell’anima (περιñδοι periòdoi) alle rivoluzioni celesti che producono l’armonia delle sfere e definisce sumfvnÛa (synfonia) l’ordine infuso nell’anima dalla musica che tende a riproporre quello del cosmo. L’individuo che entra in rapporto con le Muse è il musicista e l’anima che comprende veramente la musica non solo gode dell’armonia che è in essa, ma riesce a penetrare la bellezza dell’ordine ed è in sintonia con la nous che l’ha creata.
Per i Pitagorici la musica offriva un contributo determinante al raggiungimento della serenità interiore e della purezza dell’anima: la credenza pitagorica negli effetti curativi della musica sull’anima e sul corpo si fondava sul potere della musica di provocare la catarsi dell’uomo. Il canto magico di Orfeo era apportatore di catarsi estetica e filosofica e anche la filosofia e l’arte erano ritenute capaci di placare l’eccesso delle passioni per il raggiungimento della purezza e dell’armonia. Per il medico pitagorico la salute è armonia, il giusto equilibrio tra corpo e anima: se la salute, che è mantenimento della forma, si muta in malattia, che è distruzione della forma, il corpo deve essere purificato dalla medicina così come l’anima malata deve essere purificata dalla musica. Non è un caso, inoltre, che autori greci come Teofrasto individuassero nel suono del flauto il rimedio ai dolori causati dalla gotta o dal morso di un serpente e Democrito ai mali della carne.
L’anima sana è dunque sinfonica ovvero armoniosa: per spiegare l’espressione dello stoico Zenone õmologoum¡nvw t» fæsei z°n «vivere in accordo con la natura», Stobeo afferma che «significa vivere all’unisono e in accordo, laddove triste è l’esistenza di chi vive in conflitto».
Ottima nel suo insieme..RICERCA…
Grazie per la consultazione…p